CARTA - CARTONE - CELLOFAN - VETRO

    

La carta è un foglio di natura igroscopica, composto essenzialmente di materie prime fibrose vegetali, opportunamente essiccate; ha uno spessore che varia da 0,02 a 0,3 mm. e una grammatura (peso per metro quadrato, espresso in grammi) che varia da 10 ad oltre 300 g/m2.

La prima macchina per la fabbricazione della carta fu realizzata in Francia da Luigi Robert alla fine del XVIII: il foglio che ne usciva aveva una larghezza di circa 60 centimetri. Appena pochi anni dopo, nel 1804, in Inghilterra fu realizzata una macchina con luce di 152 centimetri. Oggi, le moderne macchine per la fabbricazione della carta, raggiungono un’altezza di sei metri (in Italia 3-4 metri) e il foglio finito esce ad una velocità che può raggiungere i 400 metri al minuto. I progressi, quindi, sono stati enormi e proporzionali all’importanza sempre maggiore che la carta ha ottenuto, anche nel campo dell’imballaggio, nel corso di questi ultimi anni. Ormai, praticamente, si può dire che quasi tutto può essere confezionato o imballato in carta e cartone; persino i prodotti liquidi (latte, vino, ecc,) possono essere condizionati in carta opportunamente trattata. Si tratta, pertanto, di un materiale della massima importanza nell’industria dell’imballaggio e la sua trattazione in poche pagine richiede una notevole sintesi degli argomenti da esporre; cercheremo quindi di descrivere, nel modo il più  possibile chiaro e conciso, le caratteristiche essenziali di questo materiale che, da solo costituisce circa il 50% degli imballaggi tuttora realizzati in Italia. Le materie prime per la fabbricazione della carta si possono dividere in quattro categorie.

La prima categoria è costituita dalle materie fibrose vegetali. Stracci di cotone, canapa, juta, lino, pur se molto usati per altri tipi di carta, vengono raramente impiegati per la carta destinata all’imballaggio.

Per essa si utilizzano cellulose chimiche di conifere, di paglia e di altri vegetali, pasta legno di abete e di pioppo, e, per le carte di minimo pregio, ritagli di carta da giornale, cartaccia e scatole o ritagli di cartone usati.

Nella preparazione di cellulose chimiche, si opera in maniera tale da portare in soluzione tutte le sostanze estranee alla cellulosa, La cellulosa che rimane libera dopo il procedimento ha un peso parti al 50% del peso del legno da cui si è partiti. Per ottenere tale suddivisione si seguono due procedimenti: il procedimento alcalino al solfato – impiegato per la fabbricazione di cellulosa Kraft, destinata alla realizzazione di cartone ondulato e di sacchi a più pareti – e il procedimento acido al bisolfito di calcio.

La pasta legno si ottiene invece sfibrando dei tondelli di legno contro delle pietre rotanti.

Nell’imballaggio si usa anche la pasta semichimica, che si ottiene mediante un particolare trattamento con opportuni reagenti.

La seconda categoria di materie prime per la carta è costituita dalle sostanze di carica. Tali sostanze (caolino e gesso, in massima parte) vengono aggiunte all’impasto per migliorare le caratteristiche della carta, per eliminare le porosità e per aumentarne il peso.

La terza categoria è costituita dalle sostanze collanti. Queste sostanze non vengono però di regola aggiunte all’impasto nella fabbricazione di carte destinate all’imballaggio; esse sono impiegate quando si voglia ottenere una carta liscia e perfettamente non assorbente.

Il loro uso, pertanto, è limitato quasi totalmente alla fabbricazione di carta da scrivere.

Questa categoria comprende le sostanze coloranti. Esse sono aggiunte per conferire alla carta determinati colori di diverse tonalità. Allo scopo si impiegano terre coloranti, colori minerali e coloranti all’anilina. L’uso di queste sostanze nel settore dell’imballaggio è limitato alle carte destinate alle confezioni più fini, in quanto, ovviamente, la loro aggiunta all’impasto comporta un aumento nel costo della carta.

Le materie prime, quindi, vengono messe assieme in un particolare impasto che si realizza, con l’aggiunta di una determinata dose di acqua in speciali vasche ovali, dette olandesi, dove un cilindro rotante, munito di lame, procede alla mescolazione dell’impasto e alla sua raffinazione. Con il secondo sistema, anch’esso in uso, si procede invece alla raffinazione separata dei singoli componenti che vengono mescolati in una vasca con agitatore situata subito prima della macchina da carta.

Questa consiste in tre parti distinte. Nella prima l’impasto viene portato su un nastro a mezzo di opportuni dispositivi che lo distribuiscono nel modo più uniforme possibile. Successivamente, l’impasto viene pressato facendolo passare attraverso particolari cilindri. Grazie a tale operazione viene eliminata una certa dose di acqua che, chiamata acqua di recupero, viene convogliata in canali e viene immessa nuovamente nel ciclo di lavorazione. La seconda parte della macchina è costituita da una serie di cilindri riscaldati attraverso i quali passa l’impasto, che, in tal modo, viene quasi completamente disidratato. Al termine della lavorazione, infatti, la carta deve essere portata al 95% di secco.

Ovviamente, quanto più lunga è questa seconda sezione – e cioè quanto più elevato è il numero dei cilindri essiccatori impiegati -, tanto più veloce è la disidratazione, e quindi la fabbricazione della carta. Infine, la terza parte della macchina è costituita da una bobinatrice che, accogliendo il foglio ancora leggermente caldo in uscita dalla seconda sezione della macchina, lo avvolge in bobine di determinate dimensioni, le quali vengono contemporaneamente rifilate dalle due parti mediante appositi coltelli.

In alcuni casi è preferibile suddividere la carta in fogli, anziché in rotoli. Oltre ai coltelli longitudinali di rifilatura, si impiega allora anche una taglierina trasversale che, a cadenza regolata normalmente a mezzo di un eccentrico con la velocità di uscita del nastro di carta, taglia la carta stessa in fogli delle dimensioni volute.

Con queste materie prime e con il metodo di fabbricazione sopra descritto, si procede dunque alla realizzazione della carta, sia essa destinata ad avvolgimenti o imballaggi singoli, o destinata alla formazione del cartone ondulato; in questo caso, per l’accoppiamento delle copertine e della parte ondulata interna vengono usate colle all’amido o al silicato, di cui tratteremo in seguito.

Passiamo pertanto ad esaminare le materie prime destinate alla fabbricazione del cartoncino, segnalando che i cartoncini sono prodotti analoghi alla carta ma di peso superiore, variabile tra i 50 e 400 g/m2, e di spessore pure superiore, che va da 0,3 mm. in su.

La fabbricazione del cartoncino può avvenire ad uno strato e in questo caso prende il nome di cartoncino naturale – o a più strati.

L’utilizzo maggiore del cartoncino si ha nella realizzazione di astucci pieghevoli; esso pertanto deve essere di adatta rigidità e robustezza, di colore bianco e di superficie liscia per poterlo stampare con le normali macchine offset.

Per la fabbricazione del cartoncino, la materia prima fibrosa principale è la cartaccia. Ovviamente, più la cartaccia impiegata è di buona qualità (carta Kraft, vecchie scatole di cartone ondulato), più il cartoncino risulterà migliore. A tal scopo si adoperano a volte pasta legno imbianchita, cellulosa Kraft e al bisolfito e pasta semichimica. E poiché, di regola, il cartoncino è composto da 3 a 5 strati, si cercherà di unire gli strati in modo tale che all’esterno vi sia lo strato di migliore qualità, seguito dallo strato interno e poi dagli strati intermedi. Nel corso della fabbricazione vengono poi impiegate anche sostanze coloranti (colori all’anilina), sostanze collanti (soda caustica, allume, ecc,), sostanze di carica (pigmento di titanio, per rendere il cartoncino bianco, e amido, per dare un aspetto fine alla sua superficie).

Molte volte il cartoncino viene patinato sul lato esterno; per tale operazione si usano caolino e caseina.

Il procedimento di fabbricazione del cartoncino non differisce molto da quello della carta; la macchina comprende di regola una sezione con presse umide, una sezione per essiccare l’impasto, un cilindro particolare per lucidare la parte esterna del cartoncino e normali taglierine per la rifinitura e il taglio del cartoncino, all’uscita della macchina.

Esaminiamo ora le materie prime e i procedimenti impiegati per la fabbricazione del cartone. E’ necessario però, a questo punto, premettere una fondamentale distinzione fra cartone solido (o rigido, o compatto) e cartone ondulato.

Procederemo quindi ad esaminare separatamente i due tipi di cartone, segnalando che per gli imballaggi in Italia viene utilizzato nella maggior parte dei casi il cartone ondulato.

Il cartone solido è costituito da un foglio di materie fibrose vegetali pressate ed essiccate. Lo spessore è superiore ai 2 millimetri e la grammatura  varia da 400 a 1200 g/m2. Le materie prime per la fabbricazione del cartone sono diverse; gli stracci sono i più usati e, prima del loro impiego, vengono fatti bollire con calce viva, per distruggere le eventuali fibre di lana e per eliminare il colore degli stracci stessi. Viene usata anche la pasta legno sia da sola che insieme alle altre materie. Le cartacce vengono impiegate nella fabbricazione dei cartoni grigi. Il ciclo di lavorazione si svolge nella maniera vista sopra per le carte e i cartoncini, dopo aver proceduto alla collatura dell’impasto, all’aggiunta di sostanze di carica (argilla e caolino) e alla colorazione con terre colorate o con colori all’anilina. Evidentemente le macchine per la fabbricazione del cartone solido differiscono in alcuni particolari (cilindro di pressione differenti e in numero diverso, ecc,) ma, come abbiamo già fatto rilevare, la tecnica di svolgimento dell’operazione è praticamente identica a quella seguita per la carta e il cartoncino.

Per cartone ondulato si intende un prodotto cartotecnico costituito, nella sua forma più semplice, da due strati di carta liscia, detti copertine, fra cui è posto uno strato di carta ondulata. Dalla sua prima realizzazione, avvenuta ad opera dell’americano A.L. Jones nel 1871, il cartone ondulato ha avuto uno sviluppo progressivo e quasi travolgente. La sua costituzione lo rende infatti particolarmente indicato per l’impiego nel campo dell’imballaggio e la sua resistenza e versatilità aprono per esso sempre nuovi settori di applicazione.

I cartoni ondulati si differenziano tra loro sia per la diversa composizione e resistenza delle carte componenti (di ciò tratteremo più avanti) sia per il diverso spessore del cartone stesso, dato il numero degli strati e l’altezza dell’onda della carta ondulata interna.

Abbiamo, quindi, per il cartone ondulato, tre diversi tipi di onda: A, B e AB. L’onda A ha un’altezza di 5 millimetri, l’onda B di 3 millimetri e l’onda AB di 7,5-8 millimetri. Da qualche tempo è stata realizzata all’estero anche l’onda E (o micro-onda). L’onda E ha un’altezza di 1,5-1,8 millimetri e si presta molto bene ad essere impiegata nella realizzazione di scatole ed astucci di medie e piccole dimensioni.

 

A seconda della resistenza che si vuol dare al cartone, vengono adoperate copertine di carta Kraft extra, Kraft, Duplex e Camoscio, le cui rispettive sigle, usate per contraddistinguere i diversi tipi di cartone, sono le seguenti: Ke, K, D e C. La carta migliore, più resistente e di più bell’aspetto, avente anche maggior grado di stampabilità, è la carta K; seguono le carte Ke, D e, per ultima, la carta C.

Per la parte ondulata esterna si usa carta paglia (P), carta semichimica (S) e, ultimamente, carta rigenerata (R).

Per l’incollaggio delle copertine alla parte ondulata si adoperano colle all’amido (a), al silicato di sodio (s), o miste amido-silicato (m).

L’amido è una colla vegetale, di peso inferiore al silicato (circa 20 grammi al metro quadrato di cartone), solubile in acqua.

Ha un costo superiore al silicato, ma deve essere adoperato in ogni caso quando si lavora su macchine per la fabbricazione di cartone ondulato veloci (150-200 metri al minuto).

Il silicato, come già detto, ha un costo inferiore all’amido e da maggior resistenza alla cassa, ma ha un peso maggiore (80-100 grammi al metro quadrato di cartone); in presenza di umidità segna le ondulazioni e, inoltre, vetrifica facilmente, costituendo nella cassa di cartone ondulato una specie di armatura che dà rigidità e maggior resistenza allo schiacciamento, ma presente l’inconveniente che le falde di chiusura della cassa, dopo alcune piegature, si rompono, in quanto i cristalli del silicato fungono da coltelli.

La fabbricazione del cartone ondulato avviene su macchine speciali, da cui il cartone esce in larghezza variabile da 160 cm. a 210 cm., a seconda del tipo di macchina, in modo da poter eseguire l’ordinazione di casse la somma delle dimensioni delle quali differisca il meno possibile dalla larghezza di macchina; in tal modo si ottengono sfridi di lavorazione minimi.

Le macchine per la fabbricazione del cartone ondulato operano da due bobine di carta da copertine e da una bobina di carta da ondulazione che, opportunamente riscaldate, vengono unite assieme mediante incollaggio. E’ opportuno ricordare che la parte ondulata – che nella bobina si presenta liscia – viene ondulata a caldo mediante speciali cilindri ( a circa 160° C., per vapore surriscaldato all’interno di essi) che hanno in superficie le stesse ondulazioni da dare alla carta; un tempo si formavano ondulazioni più dolci, ora invece i cilindri sono costruiti in modo da realizzare ondulazioni ad angolo più acuto, che offrono maggior resistenza. E’ ovvio che ad ogni tipo di ondulazione corrispondono cilindri diversi.

Dopo l’incollaggio il cartone viene moderatamente essiccato; all’uscita della macchina esso è ancora ben caldo e pertanto, dopo averlo rifilato, grazie ad un dispositivo a coltelli situato alla fine della macchina, e tagliato nella misura adatta per la costruzione delle casse, grazie ad una normale taglierina, il cartone ondulato, suddiviso in fogli, viene lasciato condizionare in ambiente adatto per alcuni giorni. Durante il condizionamento il cartone aumenta la sua resistenza allo schiacciamento dell’onda di circa il 50%.

Per maggior chiarezza, diamo qui di seguito (fig. 10) un semplice schema illustrante il procedimento di fabbricazione di un cartone ondulato doppio (onda AB).

Come si nota dalla pur schematica figura, nella fabbricazione del cartone ondulato doppio-doppio si procede prima all’unione di una copertina con la parte ondulata, poi di un’altra copertina (quella centrale del cartone) con una seconda parte ondulata e quindi si unisce al tutto la terza copertina. E’ ovvio che l’incollaggio avviene soltanto mediante speciali dispositivi sulla parte delle ondulazioni destinata a venire a contatto con le copertine.

Il cellofan è il più vecchio film d’imballaggio ed uno dei più largamente usati. Il suo vasto impiego è dovuto al suo basso costo, alla sua trasparenza, alla facilità di trasformarlo in imballaggio, alla possibilità di essere accoppiato con materie plastiche per effettuare la termosaldatura e per ridurre l’assorbimento di umidità.

La materia prima per la fabbricazione del cellofan è la cellulosa di legno imbianchita che, opportunamente trattata con soda caustica, si trasforma in sostanza colloidale. Questa sostanza, dopo vari trattamenti, viene ridotta in un film di cellulosa trasparente, che costituisce appunto il cellofan. Il cellofan è quindi derivato da fibre vegetali e non sintetiche, è un film di cellulosa e non un film di materia plastica.

Per la migliore realizzazione dell’imballaggio, soprattutto se questo è formato su attrezzature ad alta velocità, è essenziale il controllo del contenuto di umidità del cellofan; tale percentuale ha influenza sulla flessibilità, al cellofan vengono aggiunti spesso plastificanti. Va ricordato che un cambiamento nel contenuto di umidità provoca un cambiamento nelle dimensioni del film. Tale cambiamento è più rilevante nella direzione trasversale che nella direzione macchina. Come nella carta, invece, la resistenza alla trazione è superiore nella direzione machina che nella direzione trasversale.

Il cellofan viene facilmente saldato con adesivi e la sua struttura ne fa un materiale particolarmente resistente ai grassi, alla polvere e ai germi. Se il film è asciutto, il cellofan è discretamente resistente al passaggio dei gas, se il film contiene umidità, aumenta la percentuale di gas assorbito.

Descritti così brevemente i metodi di fabbricazione e le materie prime per la realizzazione della carta, del cartone e del cellofan, passiamo ad esaminare i singoli imballaggi che vengono prodotti con i materiali sopra descritti.

IMBALLAGGI DI CARTA E CARTONCINO

Carta e cartoncino sono tuttora tra i materiali di imballaggio più usati: la carta grazie alla sua versatilità, il cartoncino per la resistenza che offre accompagnata tuttavia da una discreta flessibilità e dalla possibilità di venire stampato a più colori in maniera perfetta, grazie alla moderna macchina offset. Carta da avvolgere, buste, sacchetti, shoppings, sacchi a medio e grande contenuto, scatole e astucci rigidi e pieghevoli, sono i più usati imballaggi realizzati in carta e cartoncino.

Di essi, qui di seguito, descriviamo le principali caratteristiche e finalità.

CARTA DA AVVOLGERE

Per la carta da avvolgere s’intende un semplice foglio di carta con cui viene avvolto normalmente il prodotto destinato alla vendita. E’ ancora possibile riscontrare, specialmente nei piccoli centri di provincia e anche nei negozi di periferia, l’uso in grande quantità di tale tipo di carta per avvolgere una vasta gamma di prodotti, soprattutto alimentari.

Citeremo fra essi la carne, gli affettati, a volte il pane, lo zucchero, la farina, la frutta. L’uso di questo sistema di confezionamento va tuttavia man mano diminuendo, in quanto viene soppiantato dall’impiego di sacchetti o buste a seconda dei casi che permettono la chiusura dell’imboccatura e quindi danno la possibilità di vendere i prodotti a peso controllato. Nel caso della frutta, che ha bisogno di “respirare” e che può inumidire la carta, essa viene posta soltanto all’atto della vendita in sacchetti a bocca aperta. E’ opportuno comunque segnalare che la grammatura della carta – compresa la carta oleata per prodotti oleosi o grassi -, come pure la sua composizione, possono variare notevolmente a seconda delle richieste dell’utilizzatore e, naturalmente, della varietà dei tipi prodotti dalle cartiere che, per esigenze di costi, ne producono un limitato numero di diverse qualità.

Esistono ad esempio carte paraffinate, carte resistenti ai grassi e all’umidità, oltre ad una vasta serie di carte accoppiate con foglio sottile di alluminio o films plastici, di cui tratteremo nel capitolo riguardante le materie plastiche. Esistono anche carte speciali con cui vengono avvolte parti di macchine e oggetti delicati per la spedizione.

Ovviamente il prodotto così avvolto deve essere successivamente imballato in modo adeguato; di queste particolari carte tratteremo comunque nel capitolo riguardante gli accessori.

BUSTE, SACCHETTI, SHOPPINGS

Normalmente, per buste di carta si intendono le comuni buste per corrispondenza, che hanno un vastissimo impiego nel settore del commercio e di cui illustriamo i tre tipi più usati (fig. II).

Vengono usati tuttavia altri tipi di buste, più grandi e di differente forma, foderate o meno, per la spedizione di libri e riviste.

Ne illustriamo i tipi più correnti (fig. 12)

Quasi tutte le qualità di carta sono adatte alla fabbricazione di buste, la scelta dipende dall’uso che di tali buste si vuol fare; la chiusura avviene di regola con adesivo, la stampa può essere effettuata su entrambi i lati della busta con i più diversi sistemi.

La sostanziale differenza tra buste e sacchetti sta nel sistema di chiusura. Infatti nelle buste la chiusura avviene grazie ad una piccola falda che va sovrapposta e incollata ad un lato della busta stessa.

Nei sacchetti la chiusura avviene a mezzo graffette metalliche a mezzo spago, o più semplicemente con una doppia piegatura manuale. Una gran parte dei sacchetti viene fabbricata con un soffietto laterale, del tipo qui illustrato (fig. 13).

Anche i sacchetti possono venire fabbricati con i più diversi tipi di carta: carta al solfito e carta Kraft soprattutto.

A volte i sacchetti vengono realizzati a parete doppia (in pratica con due strati di carta) quando si vuole ottenere una resistenza elevata o per particolari utilizzazioni.

Per shoppings si intendono particolari tipi di sacchetti, di forma parallelepipeda, più bassi e larghi dei sacchetti normali e dotati di maniglie, generalmente di carta resistente o spago o fettuccia.

Sono realizzati in una più larga varietà di dimensioni e tipi di carta, e il loro uso è indicato per il trasporto a casa dei prodotti acquistati nei grandi magazzini. Ecco, qui illustrato, un tipo di shopping (fig. 14).

SACCHI A MEDIO E GRANDE CONTENUTO

I sacchi di carta a medio e grande contenuto sono imballaggi costituiti da più strati di carta e destinati a contenere materiali polverulenti o granulari per la spedizione. Il loro uso è stato recentemente limitato dall’avvento dei sacchi in plastica, mentre i sacchi di carta avevano, a suo tempo,  ridotto notevolmente l’impiego dei sacchi di juta.

Il sacco di carta, comunque, è tuttora largamente usato per il trasporto dei prodotti in polvere meno pregiati (calce, gesso, cemento, in parte fertilizzanti, ecc.). Il peso lordo di questi imballaggi varia da 10 a 50 Kg.

Per la loro costruzione si impiegano generalmente fogli di carta Kraft (in numero da 2 a 5) di grammatura variabile dai 60 agli 80 g/m2, anche bitumati, avvolti a forma di tubo, mediante incollaggio o cucitura laterale (per i sacchi che devono presentare più resistenza) e chiusi ad una estremità (fondo) mediante incollaggio. L’altra estremità (imboccatura) può essere a bocca aperta o a valvola. Il sacco è a bocca aperta quando l’imboccatura è completamente aperta e la chiusura avviene, a prodotto introdotto, a mezzo spago, a mezzo punti metallici o mediante cucitura (fig. 15).

I sacchi a valvola sono sacchi di carta la cui imboccatura non è aperta, bensì chiusa con un metodo simile a quello usato per la chiusura del fondo.

Viene lasciata però, da un lato, una piccola apertura, munita di un manicotto pure in carta, attraverso il quale viene introdotto il materiale nel sacco. Quando il sacco è pieno, è lo stesso contenuto che opera una pressione sul manicotto, chiudendolo ed impedendo così l’uscita del prodotto (fig. 16).

 

Sia per i sacchi a bocca aperta che a valvola, vengono usate per il riempimento particolari bilance automatiche di elevata precisione, munite di trasportatori per l’evacuazione del sacco, che viene trasportato a magazzino e che viene sostituito manualmente dall’addetto alla macchina, con l’applicazione di un altro sacco sul dispositivo erogatore del prodotto.

SCATOLE E ASTUCCI RIGIDI PIEGHEVOLI

Le scatole di cartoncino rigide sono scatole che vengono fornite dal fabbricante all’utilizzatore già montate e con il coperchio a parte. Vengono usate, nella maggioranza dei casi, con all’interno inserto o alveari, in modo da suddividere il prodotto contenuto. Il montaggio della scatola viene effettuato con punti metallici, con nastro gommati o con rivestimenti di carta stampata, nei casi in cui si voglia un imballaggio di una certa eleganza. In altri casi il rivestimento di carta, viene applicato alla parete di fondo della scatola e quindi ripiegato per la chiusura della scatola stessa. Altre volte il coperchio è costituito da un manicotto che avvolge completamente la scatola. L’apertura e la chiusura, in questo caso, avvengono facendo scorrere a pressione la scatola entro il manicotto costituito dal coperchio.

Scatole e astucci pieghevoli hanno un metodo di costruzione completamente diverso. Il cartoncino da usare per la realizzazione dell’astuccio viene dapprima stampato a più colori – generalmente su macchine offset -, riproducendo in tal modo più volte (tante quante è possibile in un foglio di cartoncino di centimetri 70 x 100) il disegno che avrà l’astuccio.

Il cartoncino viene poi fatto passare su speciali macchine, dove viene fustellato e cordonato. La fustellatura è un’operazione singola mediante la quale viene tagliato il contorno dell’astuccio in piano e vengono, nello stesso tempo, effettuati tutti i tagli necessari al montaggio della scatola. La cordonatura è un’operazione mediante la quale vengono praticate sul cartoncino tutte le linee di piegatura per l’erezione dell’astuccio.

Nel disegno qui riprodotto (fig. 17) abbiamo cercato di illustrare nel modo più semplice

possibile la tecnica di costruzione di un astuccio pieghevole. Il riquadro ABCD costituisce il foglio di cartoncino all’interno del quale, per comodità, abbiamo disegnato un solo astuccio, mentre in realtà il numero di astucci che si ricava da un foglio è maggiore e varia ovviamente a seconda delle dimensioni dell’astuccio stesso.

L’astuccio è disegnato con linee continue e linee tratteggiate. Le linee continue indicano l’operazione di fustellatura, quelle tratteggiate l’operazione di cordonatura. A destra l’astuccio montato. L’astuccio però non viene fornito all’utilizzatore già montato, ma appiattito, con la sola incollatura della falda laterale longitudinale (indicata nella figura con la freccia) all’altra estremità dell’astuccio, in modo da formare una specie di tubo, appiattibile grazie alle cordonature. Gli astucci così formati, una volta giunti all’utilizzatore, vengono eretti, incollati dalla parte del fondo, riempiti, incollati anche dalla parte da cui sono stati riempiti e sistemati nelle casse di spedizione, il tutto con l’ausilio di un’unica macchina che svolge da sola tutte le operazioni.

E’ ovvio che le forme degli astucci e delle scatole sono molteplici: per ognuna di esse  vi sono particolari macchine atte a svolgere le sopra citate operazioni.

ALTRI TIPI DI IMBALLAGGI

Vogliamo qui ricordare le confezioni in pasta di cellulosa pressata, la cui fabbricazione avviene mediante speciali stampi di pressione a caldo. Con tale procedimento vengono prodotti vassoi di varie forme e colori per la presentazione della frutta e della carne nei supermercati (il tutto normalmente avvolto in film di materia plastica termoretraibile) e confezioni particolari per la vendita delle uova.

Ricordiamo anche i fusti cilindrici di fibra, realizzati con un avvolgimento continuo di carta fino alla formazione del corpo cilindrico, cui successivamente vengono applicati, generalmente mediante cerchioni di metallo, il fondo e il coperchio. Di regola all’interno il fusto viene rivestito con uno strato di polietilene impermeabile. Il fusto così realizzato consente l’imballaggio per la spedizione dei più svariati prodotti, particolarmente granulari o in polvere, anche igroscopici. L’avvolgimento continuo della carta può essere a spirale, quando la carta viene avvolta elicoidalmente attorno all’anima interna cilindrica, oppure perpendicolarmente sovrapposto, quando nell’avvolgimento gli strati della carta vengono sovrapposti esattamente l’uno sull’altro.

IMBALLAGGI IN CARTONE

Importanza fondamentale nel settore imballaggio hanno i prodotti cartotecnici derivati dalla lavorazione del cartone solido e, soprattutto, ondulato. Non è il caso di elencare particolareggiatamente gli innumerevoli campi di impiego delle casse di cartone; è sufficiente ricordare che esse vengono impiegate nella maggior parte delle spedizioni dei prodotti all’interno del Paese e su vasta scala anche nelle spedizioni all’estero. E’ opportuno quindi trattare specificatamente delle casse in cartone solido e di quelle in cartone ondulato onde rendersi conto, con la miglior chiarezza possibile, della tecnica di costruzione di questi tipi di imballaggio.

CASSE IN CARTONE SOLIDO

Le casse in cartone solido, il cui uso all’estero è abbastanza elevato – specialmente negli Stati Uniti -, non sono molto impiegate in Italia nella spedizione dei prodotti. Ciò dipende in gran parte dal maggior costo che esse presentano rispetto a quelle in cartone ondulato e anche dal fatto che, di conseguenza, fabbricanti e trasformatori di cartone si sono attrezzati soltanto con macchine adatte alla produzione e alla lavorazione dell’ondulato.

La materia base è il cartone solido, della cui fabbricazione abbiamo trattato in precedenza; il sistema di lavorazione è più o meno analogo a quello delle scatole in cartoncino rigide. Per la formazione del corpo e del coperchio si procede fissando i lati della cassa con colla o con graffe metalliche, come mostra il disegno (fig. 18).

Un altro tipo di casse di largo impiego è il seguente, mostrato nel disegno prima in piano e poi montato (fig. 19). Ricordiamo che le linee tratteggiate indicano le cordonature e le linee continue le fustellature.

A volte le casse in cartone solido, specialmente per spedizione oltremare, vengono trattate con cere microcristalline, al fine di renderle impermeabili all’umidità ed alla salsedine.

CASSE IN CARTONE ONDULATO

Abbiamo già visto come avviene la fabbricazione del cartone ondulato, sia esso ad onda alta, ad onda bassa o doppio-doppio.

Non ci resta quindi che esaminare la tecnica di fabbricazione delle casse. E’ necessaria qui subito una suddivisione tra casse modello “americano” e casse modello “a telescopio”. Queste ultime sono costituite da due parti, il fondo e il coperchio, realizzate in modo tale che il coperchio si innesti perfettamente sul fondo, fino alla base dello stesso. Le casse modello americano ,che sono le più comuni, vengono fabbricate partendo da un foglio di cartone steso, che viene opportunamente fustellato e cordonato (fig. 20).

Le linee tratteggiate indicano la cordonatura del cartone, la linea continua indica la fustellatura.

E’ opportuno segnalare che normalmente  la stessa macchina che esegue la cordonatura e la fustellatura, esegue anche l’operazione di stampa. Una macchina di questo tipo è chiamata “printer-slotter” e può stampare sul cartone ondulato fino a quattro colori. La stampa diminuisce leggermente la resistenza del cartone e, ovviamente, più colori vengono impiegati, più questo indebolimento è rilevante. Segnaliamo anche che di regola il cartone ha colore avana. E’ conveniente, dal punto di vista economico, richiedere un altro colore per la copertina esterna soltanto se si tratta di una grossa ordinazione.

Le pareti laterali di minor dimensioni, contrassegnate con lettera x, si chiamano testate, quelle più grandi, contrassegnate dalla lettera Y, si chiamano fiancate. Le parti fustellate, contrassegnate con le lettere A1, A2 e B1, B2 si chiamano falde e sono realizzate allo scopo di costituire rispettivamente il fondo e la chiusura superiore della cassa di cartone. La piccola falda laterale C, nella costruzione, va incollata o cucita con punti metallici alla parete opposta C1. Come resistenza, l’incollaggio è leggermente superiore alla cucitura: è pertanto preferito quando i punti metallici possono rovinare il contenuto; non è però da usarsi se la cassa deve restare per lungo tempo in magazzini umidi o deve essere spedita in località umide. La cucitura avviene con macchine automatiche o semiautomatiche. E’ buona norma esigere che i punti metallici abbiano una larghezza minima di 3 millimetri (salvo che nelle casse di minime dimensioni, dove può venire usato anche filo metallico), siano posti al massimo ad una distanza di 5 centimetri l’uno dall’altro e con una inclinazione di 45 gradi rispetto alla direzione dell’ondulazione; inoltre all’inizio e alla fine della cucitura devono essere posti due punti molto ravvicinati fra loro. In qualche caso la piccola falda laterale non viene realizzata; pertanto la chiusura laterale avviene a mezzo nastratura. Si deve usare un nastro di opportuna resistenza, preferibilmente nastro sisal o catramato, di grammatura non inferiore ai 70-90 g/m2, a seconda del tipo di nastri e delle dimensioni della cassa.

La cassa con nastratura laterale è però naturalmente più debole di quelle con cucitura o incollaggio.Nel disegno appare anche una freccia verticale che indica il senso dell’ondulazione, che è parallelo alla direzione trasversale del cartone quando esce dalla macchina che lo fabbrica e perpendicolare alla direzione macchina. Poiché, per offrire resistenza la cassa deve essere realizzata con la direzione dell’onda verticale, è bene tener presente, nel calcolare l’altezza della scatola, anche la larghezza massima del foglio di cartone ondulato (vedi la parte dedicata alla fabbricazione del cartone).

Pertanto la cassa viene spedita dal fabbricante all’utilizzatore in piano e verrà poi da questi montata, come mostra il disegno (fig. 21).

Sia per il fondo che per la chiusura superiore della cassa, si piegano prima le falde più corte A1 e quindi quelle più lunghe A2, che chiudono completamente la cassa. Le falde A1 combaciano esattamente soltanto nel caso che la cassa abbia le pareti X e Y di uguale lunghezza; anche negli altri casi ciò è possibile ma comporta un notevole aumento nel costo della scatola, poiché gli sfridi di lavorazione vengono aumentati in misura considerevole. Pertanto di regola viene posto, tra le falde A1 (e cioè nello spazio Z della figura), un ritaglio di cartone ondulato, anche di qualità inferiore, chiamato interfalda. Le chiusure del fondo e della parte superiore avvengono con i consueti metodi di cucitura, nastratura e incollaggio. Va ricordato che l’incollaggio rende più difficile l’apertura della cassa e che la nastratura deve essere effettuata in modo che il nastro gommato venga ripiegato lungo le testate della cassa per un tratto pari a circa 1/3 delle stesse.

La cassa di cartone ondulato è così completata. Resta da dire che all’interno in molti casi vengono inseriti dei divisori in cartone per suddividere il contenuto. Si chiamano tramezze trasversali quei fogli di cartone ondulato che suddividono la cassa nel senso orizzontale, intercalari quei fogli che la suddividono nel senso verticale. Vi possono essere inoltre il sottofondo – e cioè un foglio di cartone posto a rinforzo sull’intera superficie del fondo della cassa - , e la faccia interna che viene posta in modo da rivestire completamente all’interno le quattro pareti della cassa. Infine gli alveari, costituiti da fogli di cartone intersecantisi perpendicolarmente in modo da formare degli alveoli, dove trovano posto generalmente bottiglie di vetro o altri prodotti dell’industria del vetro e della ceramica.

Non esiste una unificazione italiana dei tipi di cartone ondulato, ma ne esiste soltanto la classificazione, per la quale consigliamo agli interessati di consultare le tabelle pubblicate dal G.I.F.C. (gruppo italiano fabbricanti cartone ondulato);  per l’unificazione dei tipi di casse, consigliamo agli interessati le visioni delle tabelle F.E.F.C.O. (Fédération Européenne des Fabricants de Carton Ondulé). Dette tabelle possono essere richieste alle rispettive associazioni.

Vogliamo infine accennare agli speciali imballaggi in cartone ondulato, chiamati fustellati. Sono generalmente costituiti da un unico foglio di cartone ondulato di buona qualità, che viene opportunamente fustellato e cordonato e che viene poi montato manualmente per formare, a mezzo appositi incastri, imballaggio, senza impiego di punti metallici, collanti e nastri adesivi. Si possono così formare, con una discreta dose di inventiva e di genialità, innumerevoli tipi di imballaggi, soprattutto per la presentazione di bottiglie di vino e liquori, barattoli, ecc.

Di regola viene impiegato cartone ondulato ad onda bassa di elevata resistenza, in modo da permettere una agevole e sicura manipolazione per il montaggio delle confezioni, con il minimo pericolo di rotture dovute alle piegature ed agli incastri del cartone.

IMBALLAGGI DI CELLOFAN

Soprattutto per la vasta gamma dei prodotti alimentari, numerosissime sono le possibilità che il cellofan può fornire. La sua trasformazione in confezioni viene partendo da bobine. Esse devono essere tenute in magazzino sollevate da terra, ad una temperatura di 18-20 gradi e al 55-60% di Umidità Relativa. Ciò perché il cellofan, come già visto, assorbe facilmente umidità. Normalmente il cellofan viene rivestito con materiali termoplastici (copolimeri di vinile, politene) per unire alla resistenza meccanica del cellofan impermeabilità al vapor acqueo e la possibilità di termosaldatura delle materie plastiche. Grande utilizzo di questi accoppiati si ha nelle macchine “form and fill” che lavorano in verticale o in orizzontale partendo dalla bobina di accoppiato.

Nelle macchine orizzontali si confezionano prodotti solidi e di una certa dimensione (prodotti da forno ad esempio), attorno ai quali automaticamente la macchina avvolge l’accoppiato e lo salda in senso longitudinale; un successivo dispositivo salda l’accoppiato in senso trasversale dividendolo  in tante piccole confezioni, contenenti ciascuna una data quantità di prodotto. Nelle macchine verticali si confezionano prodotti granulari o solidi di piccole dimensioni (pop corn, caramelle) e in questo caso il prodotto cade, nella quantità voluta, nell’avvolgimento di accoppiato realizzato con lo stesso procedimento delle macchine orizzontali.

Tratteremo comunque ancora del cellofan e degli accoppiati nel capitolo che riguarda le materie plastiche.

VETRO

I contenitori di vetro possono essere usati per quasi tutti i prodotti solidi, liquidi e pastosi. Particolarmente però essi vengono usati nelle confezioni di prodotti alimentari, bevande e prodotti farmaceutici, cosmetici e di profumeria. Già in precedenza abbiamo parlato delle origini del vetro, della sua storia vecchia almeno di 3000 anni e di come esso abbia assunto nel corso dei secoli una posizione di preminenza nel campo dell’imballaggio, posizione mantenuta anche dopo l’avvento di nuovi materiali.

Il vetro è disponibile in una vasta gamma di colori, ha particolari composizioni chimiche che vengono di volta in volta leggermente variate a seconda delle necessità, ha una trasparenza eccellente, una superficie liscia e presenta resistenza notevolissima agli agenti chimici.

Inoltre è perfettamente igienico, chimicamente inerte e impermeabile a gas, liquidi, umidità.Per contro, il punto negativo del vetro è la sua fragilità, che lo rende particolarmente delicato soprattutto nelle spedizioni.

Ma non vogliamo qui per il momento dilungarci troppo sulle caratteristiche del materiale. Vogliamo invece illustrare il procedimento di fabbricazione che rende le materie prime atte alla trasformazione di imballaggi di vetro delle più diverse forme e dimensioni.

Materie prime

La materia prima di base è il componente principale del vetro la silice (Sio2), che da lo stato cristallino, riscaldata ad oltre 1700° passa allo stato amorfo e può essere modellata nelle forme più diverse.

Ovviamente, altre materie prime entrano a far parte del vetro: così abbiamo i vetrificanti (silice e anidride borica), e solventi (carbonato di sodio e di potassio) le sostanze stabilizzanti (sesquiossido di alluminio, carbonato di calcio, carbonato di calcio e magnesio), le sostanze affinanti (solfato di sodio e sesquiossido di arsenico), e sostanze decoloranti (manganese). Abbiamo poi le sostanze coloranti (sesquiossido di ferro, sesquiossido di cromo, ecc.).

Mentre la silice fonde ad oltre 1700°, la miscela delle sopra elencate sostanze – opportunamente dosate a seconda del tipo di vetro che si vuole ottenere - , posta in forni di materiale refrattario, fonde a circa 1560°; può fondere anche a circa 1520° con un rendimento però inferiore del 20%. La massa fusa viene successivamente purificata mediante l’eliminazione delle scorie di lavorazione e quindi portata in speciali stampi, dove prende la forma del contenitore. Esistono tre procedimenti per la fabbricazione del contenitore: il procedimento ad aspirazione, il procedimento a doppio soffiaggio e il procedimento di pressatura e soffiaggio.

Nel procedimento di aspirazione (suction process) la massa fusa viene aspirata da un ugello aspiratore entro uno stampo, fino al completo riempimento dello stampo stesso. La parte superiore dello stampo ha la forma del collo della bottiglia da formare; in questa operazione vengono pertanto formati il collo e l’imboccatura della bottiglia.

Successivamente la forma di vetro viene trasferita in un secondo stampo, dove un getto d’aria, che entra dall’imboccatura della bottiglia precedentemente formata, fa aderire il vetro alle pareti dello stampo, dando così alla bottiglia la forma voluta e definitiva.

Nel procedimento a doppio soffiaggio (Blow and blow process) una goccia di massa fusa viene fatta cadere in uno stampo che, nella parte inferiore, ha la forma del collo della bottiglia da modellare. Grazie a due ugelli che fanno entrare due successivi getti d’aria, uno dall’alto e uno dal basso, vengono formati il collo e l’imboccatura della bottiglia. Con una seconda operazione la forma di vetro – che si presenta oblunga – viene fatta uscire dal primo stampo, capovolta in modo da portare l’imboccatura della bottiglia verso l’alto e inserita in un secondo stampo dove, a mezzo di un altro getto d’aria che penetra  attraverso l’imboccatura, le si conferisce la forma definitiva.

Nel procedimento di pressatura e soffiaggio (press and blow process) – impiegato nella fabbricazione di vasi e vasetti di vetro -, una goccia di vetro fuso viene fatta cadere in uno stampo a larga imboccatura, entro la quale penetra un pistone di forma speciale, che comprime il vetro e forma in tal modo il collo e l’imboccatura del vaso. Successivamente la forma di vetro viene portata nel secondo stampo dove, sempre a mezzo di un getto di aria, essa prende la forma definitiva del vaso.

Quando l’imballaggio esce dalla macchina formatrice, la sua superficie esterna è rigida ed ha una temperatura di circa 300, la parte interna è ancora calda e molle. Se il raffreddamento continuasse normalmente, la parte interna si contrarrebbe più di quella esterna: sorgerebbero così tensioni interne che potrebbero essere anche di una certa gravità. Per ovviare a tale inconveniente si fanno passare gli imballaggi in un tunnel, dove vengono riscaldati a 550°. In questo modo si rifonde leggermente la superficie esterna degli imballaggi, che successivamente vengono lentamente raffreddati. Durante il susseguirsi delle operazioni, importantissimo è il controllo delle dimensioni e della capacità del prodotto. Una capacità, la più costante possibile garantisce l’utilizzatore nella fase di riempimento dell’imballaggio. Dimensioni costanti significano uniformità nell’aspetto della confezione in vetro e, se si prende in considerazione lo spessore delle pareti, all’uniformità dell’aspetto si aggiunge la sicurezza di un uniforme standard di resistenza delle bottiglie stesse.

A questo proposito, è opportuno segnalare che le parti di un contenitore di vetro che offrono meno resistenza, sono gli spigoli. In linea teorica l’imballaggio più resistente sarebbe a forma di sfera, in quanto ogni urto verrebbe assorbito dall’intera superficie dell’oggetto. In pratica però – a parte l’esempio dei fiaschi per vino, che si presentano quasi sferici – gli imballaggi di vetro si presentano normalmente cilindrici, con gli spigoli arrotondati (fig. 22).